In ascolto di Amelia Rosselli

Pubblicato il 05 Giugno 2023
Amelia Rosselli,la testimone del Novecento italiano raccontata al Liceo TerragniIl 14 aprile Sara Sermini, assistente …

Amelia Rosselli,

la testimone del Novecento italiano raccontata al Liceo Terragni

Il 14 aprile Sara Sermini, assistente presso l’Istituto di studi italiani dell’Università della Svizzera italiana di Lugano e Visiting Research Fellow presso l'Université Paris Nanterre, ha tenuto in Aula Magna una conferenza sulla vita e le opere di Amelia Roselli, poetessa contemporanea e figura chiave nel dibattito culturale italiano nel secondo dopoguerra.

Lo scopo dell’incontro è stato indagare su una delle più grandi poetesse italiane moderne, nonché illustrare ai ragazzi dell’ultimo anno del Liceo il metodo di studio, di ricerca e di esposizione adoperato nell’ambito universitario ed accademico.

Amelia Rosselli nasce il 28 marzo 1930 a Parigi da genitori italiani ed è costretta a vivere in esilio sin dalla nascita. Presto rimane orfana del padre, Carlo Rosselli, di estrazione nobile e di origine ebraica, socialista e antifascista, che viene ucciso nel 1937 insieme al fratello Nello dalle milizie fasciste francesi, i sicari della Cagoule, su mandato di Mussolini e Ciano. La madre di Amelia, Marion Cave, è invece un'attivista del partito laburista britannico e non si riprenderà mai completamente dalla morte del marito a causa anche della sua fragile salute.

Nel 1940 quel che resta della famiglia riparte. Sarà il primo di molti trasferimenti della poetessa che condurrà un’esistenza da rifugiata.

I Rosselli si stabiliscono dapprima in Svizzera, poi negli Stati Uniti. Durante gli anni della guerra, trascorsi a Larchomont, un sobborgo di New York, Amelia studia letteratura, filosofia, musica, con la quale fin da bambina intrattiene un rapporto privilegiato. Scoperta negli Stati Uniti, approfondisce la teoria musicale a Londra e poi a Firenze. Studia composizione ed i riferimenti musicali nella sua opera poetica sono importanti, essenziali. La musica le è servita per inventare la propria metrica.

In Inghilterra completa la sua formazione, seppur in modo irregolare, poiché in Italia, dove torna a Firenze nel 1946 per vivere con la nonna, non le sono riconosciuti i titoli americani.

Nonostante la vita trascorsa in continuo movimento, Amelia Rosselli non si definì mai cosmopolita.

“Non sono apolide. Sono di padre italiano e se sono nata a Parigi è semplicemente perché lui era fuggito […] perché era stato condannato per aver fatto scappare Turati. Mia madre lo aiutò a fuggire e successivamente lo raggiunse a Parigi. […] Cosmopolita è chi sceglie di esserlo. Noi non eravamo dei cosmopoliti; eravamo dei rifugiati”.

Negli anni '40 e '50, Amelia Rosselli, segnata dalla perdita della madre malata di cuore, si dedica quasi completamente alla musica, anche se nel 1948 comincia a lavorare come traduttrice dall'inglese per editori di Firenze e Roma e successivamente anche per la Rai.

Dopo aver fatto ritorno in Italia, nel 1950 Amelia Rosselli si trasferisce a Roma, città che diviene il suo nuovo ambiente sociale e culturale. Il primo tramite della poetessa con la società della capitale è il cugino Alberto Moravia, scrittore già affermato, col quale però avrebbe interrotto di lì a poco le relazioni in seguito alla pubblicazione nel 1951 del romanzo Il conformista.

Amelia Rosselli stringe inoltre un rapporto molto particolare con il noto imprenditore e politico Adriano Olivetti, fondatore dell'omonima azienda di macchine da scrivere. Il loro incontro risale al 1953, quando la Rosselli fu invitata a partecipare ad un convegno organizzato da Olivetti a Ivrea. L'imprenditore rimase profondamente colpito dalla poetessa e dal suo carisma, tanto che decise di offrirle un lavoro come traduttrice presso la sua azienda.

Le prime poesie e le prime prose giovanili sono in francese e in inglese, ma le raccolte successive sono tutte in italiano.

La Rosselli conserva nel suo italiano una dizione straniera, in cui spicca la R francese e una pronuncia perfetta delle parole in inglese o in francese. La poetessa traspone perciò nella sua poesia il suo linguaggio ibrido e multilingue, che mescola italiano, francese, inglese ed altre lingue, insieme ad un uso audace della punteggiatura e della sintassi. Questo crea un effetto di straniamento e di disorientamento per il lettore, ma permette anche alla poetessa di esprimere concetti e idee che non sarebbero stati possibili con un linguaggio più tradizionale.

Amelia manipola la sintassi e la grammatica creativamente, creando frasi e parole che abbattono le convenzioni grammaticali e semantiche della lingua italiana. Il suo è un italiano di prestiti e neologismi, di paronomasie e giochi linguistici, di lapsus e parole che generano nuove parole. In questo modo, la poetessa crea un ritmo e una cadenza unici, che conferiscono alle sue poesie una musicalità e una sonorità particolari.

Scrive anche recensioni letterarie su giornali come L’Unità e Paese Sera e nel 1981 pubblica il poema Impromptu. Questa raccolta, scritta dalla Rosselli a partire dal 1979, fa parte della corrente neoavanguardista italiana ed è caratterizzata da una forte sperimentazione formale e linguistica, insieme a una profonda attenzione per i temi sociali e politici. Scrivere per la Rosselli vuol dire resistere, combattere, ma anche disubbidire al proibizionismo e al controllo maschile.

Il titolo "Impromptu" suggerisce l'idea di una composizione improvvisata, che nasce dall'ispirazione del momento. Infatti, molte delle poesie della raccolta sembrano essere scritte in modo spontaneo, utilizzando un linguaggio colloquiale e diretto, e mescolando insieme diversi registri linguistici e culturali.

Tuttavia, questa apparente spontaneità nasconde una grande attenzione alla forma e alla struttura della poesia. Rosselli utilizza infatti un linguaggio ricercato e complesso, che si avvicina alla lingua parlata ma che al contempo mantiene un alto livello di precisione e di raffinatezza.

Amelia, sin da giovane età, manifesta una notevole ambivalenza emotiva, in cui si alternano momenti di grande entusiasmo e improvvisi scoppi di ira, accompagnati da momenti di tristezza insondabile.

Soggetta a frequenti crisi di esaurimento nervoso, finisce spesso in clinica dove subisce l’elettroshock, pur negando la presunta diagnosi di schizofrenia paranoide. Inoltre, a soli 39 anni Amelia inizia a manifestare i primi sintomi della malattia di Parkinson.

L’11 Febbraio del 1996, poco dopo la dimissione da una casa di cura, si getta dalla finestra della sua abitazione in via del Corallo a Roma. Suicida come Antonia Pozzi, per coincidenza la data della morte corrisponde a quella di Sylvia Plath, poetessa anch’ella toltasi la vita che Amelia profondamente amava e che tradusse in italiano.

La conferenza, durata due ore, ha illustrato il complesso panorama culturale italiano del secondo Novecento – troppo spesso solamente accennato nei programmi didattici –, nei suoi risvolti letterari, politici, artistici e di società, raccontato attraverso gli occhi di una poetessa che ne è stata testimone. Sara Sermini ha illustrato come le categorie che normalmente vengono studiate a scuola suddivise in materie, sono invece spesso interconnesse fra loro. Personaggi della storia, della letteratura, dell’arte, nonché membri del mondo della scienza e dell’ingegneria, da Olivetti a Moravia, dai fratelli Rosselli a Guttuso, si conoscevano ed ebbero modo di influenzarsi a vicenda, costituendo la matrice, l’humus, di quello che è stato il nostro patrimonio culturale degli ultimi sessant’anni.

Infine, Sara Sermini ha aiutato a comprendere quali siano le prospettive offerte nello scegliere una carriera accademica in ambito letterario, illustrando quanto sia importante, anche nella poesia contemporanea, il lavoro di indagine filologica, e spiegando la rilevanza dell’interpretazione personale di un’opera, che talvolta trascende le intenzioni stesse dell’autore, e del confronto di questa col dialogo critico che ne consegue.

Filippo Zanobi Ricci, 5aap

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